Padri
di Giorgia Tribuiani
Editore: Fazi Editore
Collana: Le Strade
Data di Pubblicazione: febbraio 2022
ISBN: 9791259671356
Pagine: 196
Formato: brossura/ebook
Diego Valli ritorna a casa, armeggia con la serratura ma non riesce ad aprire la porta. Alla fine, gli apre il figlio Oscar.
“E quindi?”, chiederete, tutto normale fin qui. Peccato che Diego è morto quarant’anni fa e si trova davanti un Oscar adulto, che lì per lì non riconosce. “Sbem!”. Diego è tornato dall’aldilà.
Ma non pensate sia uno zombie senza cervello pronto a divorare i poveri familiari ignari. Nel titolo di questa recensione non abbiamo commesso alcun errore ortografico. Diego è resuscitato e si è ripresentato a casa “vivo e vegeto”, così come lo era prima di morire.
Non si ricorda della sua morte, né sa come ha fatto a ritornare in vita. Anzi quest’ultimo aspetto resta avvolto nel mistero per tutto il romanzo. Nel corso della narrazione i protagonisti formulano delle ipotesi e giungono ad alcune conclusioni, ma una chiara spiegazione di questo fenomeno non viene mai data.
Diciamo che la resurrezione di Diego è, prima che essere un elemento fantastico della trama, è un escamotage la cui spiegazione è completamente superflua nell’economia della storia. Un po’ come la “metamorfosi” dell’omonimo racconto di Kafka o il viaggio onirico ne “L’altro” di Borges.
Come in Kafka, il ritorno in vita è infatti quell’elemento narrativo irreale che consente all’autrice di narrarci il reale. E proprio al pari del racconto di Borges, la resurrezione consente un incontro/confronto che altrimenti non sarebbe stato possibile. Quello tra Diego e Oscar. Tra il padre e il figlio ormai divenuto a sua volta padre. Un incontro tra due padri, insomma.
L’arrivo (o ritorno) crea un certo scompiglio nella famiglia di Oscar. La moglie Clara pensa che sia impazzito e nega assolutamente la possibilità che il tipo (“il barbone” lo chiama lei) che si è presentato alla porta possa minimamente essere suo suocero redivivo. La figlia Gaia ci crede e ci spera con tutte le forze. Per lei Diego è quasi un desiderio che si avvera: una seconda figura paterna che sopperisca alle carenze di affettività del padre.
Ecco, quindi, che il “ritornante” e il subbuglio che crea servono per disegnare un quadro – in un certo senso spietato – dei rapporti tra genitori e figli. Rapporti in cui, da un lato, è difficile la comunicazione dei primi verso i secondi e, dall’altro, questi ultimi idealizzano i propri padri ed entrano in crisi quando si accorgono che sono anch’essi esseri umani con le loro debolezze e imperfezioni.
Chiudiamo con una nota di stile. Abbiamo particolarmente apprezzato la narrazione molto fluida dell’autrice. Attraverso un “flusso di coscienza” che ci fa pensare a Joyce o a Saramago, la narrazione scorre letteralmente dalla prima all’ultima pagina. Dialoghi e descrizioni si susseguono senza essere interrotti da un eccessivo uso dei segni di punteggiatura.
- Perché leggerlo: l’autrice si offre una bella prova stilistica che richiama senza timore i grandi autori e che dimostra come anche il fantastico consente di riflettere sui sentimenti e sulla realtà.
- Perché non leggerlo: come detto, l’elemento fantastico è solo un escamotage narrativo; non lo consigliamo a chi cerca una storia prettamente fantastica e di pura evasione.