Siamo felici e onorati di ospitare nel nostro blog un articolo di Annachiara Biancardino. Spesso ci ha consigliato numerose letture interessanti e questa volta abbiamo pensato di chiederle se potevamo lasciarle il palco tutto per lei.
Ma presentiamola. Foggiana di nascita e barese d’adozione, ha sempre amato troppo i libri, infatti si è laureata in Lettere. È editor e consulente editoriale freelance, direttrice editoriale di Les Flâneurs Edizioni, insegna Lingua italiana in una SSML e Scrittura creativa in diverse realtà di formazione. Fa parte del direttivo dell’associazione culturale Lessico e nuvole ed è membro della Società italiana delle letterate. I suoi articoli sono apparsi su varie riviste specializzate e blog online. Ma soprattutto è una persona meravigliosa! Daje.
Tutti stanno proponendo le loro liste di libri imperdibili del 2023 e sono stata contagiata dall’atmosfera e quindi vorrei comunque provare a dare qualche consiglio utile, anzi provare a darne dodici, in particolare a chi si accinge ad avvicinarsi alla scrittura (ho un debole per gli esordienti, per gli studenti… insomma, per i ragazzi).
A chi vuole scrivere di Storia consiglierei assolutamente “Resta con me, sorella” di Emanuela Canepa (Einaudi). Ogni pagina di questo testo mostra la monumentalità del lavoro di ricerca necessario per scrivere un buon romanzo storico, ma a mio avviso non è nemmeno la sua accuratezza questo libro speciale nel suo genere: è che Canepa riesce a mostrare la Storia da un’angolazione tutta sua, diversa, nuova, autentica. E sì, ci riesce anche perché non tratta le solite pagine di storia ampiamente già note del Novecento, ma soprattutto perché, benché la focalizzazione sia tendenzialmente fissa sulla protagonista, l’autrice riesce a creare una storia corale, a offrire della storia una visione multiprospettica. Credo non si possa comprendere come faccia senza leggerlo.
Per chi vuole raccontare una generazione credo sia imperdibile “La ricreazione è finita” di Dario Ferrari (Sellerio). Lo sanno ormai anche i muri che ho molto amato questo romanzo e lo consiglierei a chiunque voglia leggere un gran bel libro, ma in particolare lo suggerirei caldamente a chi desidera scrivere la generazione degli “sdraiati”, quelli che si sono ritrovati non più ragazzi senza mai essere diventati adulti. Sottolineando che il libro affronta anche, con intelligenza di acume raro, l’aspetto di quella generazione che è forse il più difficile da indagare: il rapporto con la politica.
A chi combatte con le scene di sesso suggerirei una full immersion in “Affamata” di Melissa Broder (NN editore). Per imparare quanto duro lavoro costa arrivare all’essenza della parola. Perché occorre non censurarsi per essere sovversivi. Perché il sesso non va buttato lì, magari a sproposito, va in primis significato: e in questo romanzo ogni scena (e ogni ripetizione e ogni ripresa) trova un senso, come il tassello di un puzzle che ricostruisce il legame della protagonista col corpo (e quindi col sesso, col cibo ecc.).
A chi vuole scrivere racconti consiglierei “Un posto difficile da raggiungere” di Gianluigi Bodi (Arkadia). Gli autori di racconti, è noto, vivono una vita ancora più dura di quella già dura dello scrittore medio, quindi darsi alla narrativa breve è un’operazione che consiglierei solo agli affini di von Masoch. E solo se almeno ne vale la pena, se serve a trovare la propria voce: e nella dimensione del racconto viene fuori la forma che Gianluigi ha saputo dare alla sua poetica. Ho idea che possa compiere la magia di preservarla anche nei lavori un po’ più lunghi.
Per chi desidera scrivere una biografia: “Il mistero di Anna” di Simona Lo Iacono (Neri Pozza). L’escamotage narrativo per disegnare il ritratto di Anna Maria Ortese è già una trovata efficace, ma non è solo per questo che lo consiglierei a chi si appresta a scrivere “roba biografica” di vario tipo. Che si trasformi il soggetto che si desidera raccontare in un personaggio o che ne si prenda in prestito la voce narrando in prima, comunque da una biografia dovrebbe venir fuori l’essenza di un’anima. Qui quella di Ortese viene fuori nitida e luminosa, su molti piani e a più strati.
A chi vuole esercitare la lingua tramite la lettura suggerirei “La casa del mago” di Emanuele Trevi (Ponte delle Grazie). Trevi ha un modo tutto suo di intersecare generi letterari e scampoli di memoria, citazioni nitide e ricordi sbiaditi. Ma al di là della struttura delle sue trame, che mi pare irripetibile, Trevi è a mio parere – gusto personalissimo – una delle migliori penne in circolazione proprio quanto alla raffinatezza della parola, un modello di stile.
Per chi vuole addentrarsi negli abissi dei sentimenti mi viene subito in mente “Chiedi se vive o se muore” di Gaia Giovagnoli (Nottetempo). Gaia è una giovane maga della scrittura e ne aveva già dato prova col primo romanzo. Stavolta ci offre un’opera completamente diversa dalla prima: c’è molta meno trama nel suo nuovo lavoro e questo le consente di portare alle estreme conseguenze una tendenza all’introspezione che l’autrice già possedeva e che è necessaria per indagare le relazioni umane, tossiche o meno. Direi di leggerla per imparare a scavare nei rapporti interpersonali, a vivere la scrittura come un’operazione archeologica, anche senza il supporto dei tarocchi.
Per chi vuole creare un inferno (e in letteratura, come nella vita, ce ne sono moltissimi: prigionie di vario tipo, dipendenze ecc) credo sia imprescindibile la lettura di Jesmine Ward, e mi riferisco in questo caso a “Giù nel cieco mondo” (NN editore). Confesso subito di avere un debole per le riprese dantesche, in particolare al femminile. Comunque ho tentato di consigliare (quasi) solo autori italiani perché è chiaro che per entrare in campo con gli avversari bisognerebbe prima conoscere la propria, di squadra. Gli aspiranti scrittori italiani che ignorano gli scrittori italiani mi fanno molto sorridere. Tuttavia, qualche eccezione va pur fatta e la faccio di nuovo per il catalogo di NN editore: chi vuole raccontare “avventure infernali” non può non confrontarsi anche con questo lavoro di Ward. In particolare lo consiglierei a chi sta creando lavori in cui è necessario confrontarsi con la fisicità del dolore.
Per chi ha la tentazione di esplorare il mondo del retelling mitologico può essere un valido esempio “Di quella materia che non dura“, romanzo d’esordio di Leonardo Floriani (Besa). È necessario appartenere a una minoranza per riscrivere la cultura dominante? Sembrerebbe di no, stando a questo esperimento; ma bisogna saper mischiare una vivida intelligenza a una buona dose di incoscienza per avvicinarsi alle grandi narrazioni con la leggerezza pensosa dei fanciulli che, pur rendendosi conto della sacralità della materia narrata, non si privano del piacere di usarla come oggetto di divertimento e ambito di esplorazione. In sintesi, un libro che può insegnare come guardare alla tradizione; può trasmettere per osmosi un equilibrato mix di reverenza e ironia verso il mito e in generale verso i modelli che ci sembrano troppo alti per essere letterariamente sostenibili.
A chi si sta cimentando con una storia che implichi lo scrivere la vecchiaia, o anche semplicemente l’ordinarietà della vita, quella materia esperienziale che parrebbe priva di appeal narrativo, consiglierei “Il bisogno e la necessità” di Demetrio Paolin (Tetra). A differenza di almeno altri due romanzi, splendidi, che mi vengono in mente dello stesso autore, stavolta abbiamo un tema più universale, che si trasforma in un racconto forse meno di nicchia ma ugualmente raffinatissimo. Probabilmente perché ritroviamo la consueta disperazione silente che viene fuori da una scrittura tagliente, che tratta con la stessa chirurgica freddezza corpo e anima, sentimenti ed eventi. La lettura può aiutare a comprendere come raccontare lo scivolamento nella senilità, ma io direi che più in generale può aiutare a introiettare lo sguardo del narratore davanti alle questioni sporche e scomode, ai terremoti che si preparano sotto la superficie piatta dell’esistenza borghese.
Per chi vuole scrivere l’adolescenza. Qui mi gioco gli ultimi due consigli, rivolgendo lo sguardo in particolare all’adolescenza femminile e citando due romanzi diversissimi: “Stati di desiderio” di Marilena Votta (D editore) e “La strada dei pini d’inchiostro” di Bianca Versienti (Radici future). Due autrici entrambe al romanzo d’esordio, molto distanti tra loro per biografia e formazione, ma che hanno vinto la stessa sfida: immergersi nello sguardo di una protagonista adolescente. Che è poi l’unica strada per raccontare in modo credibile una fase delicata della vita.
Ogni anno per me è un anno in cui ho da ringraziare libri. I libri mi nutrono in diversi sensi. Ma se mi chiedete per cosa sono grata in particolare quest’anno, lo sono soprattutto per lui, la nostra creatura: “La tela di Svevo” di Alessio Rega. Si merita un 2024 di fuoco almeno quanto lo è stato il 2023