L’umida nuvola avvolse Matt all’interno della cabina della doccia nebulizzante. L’acqua era tiepida, come impostato dal programma. Era mercoledì. E come ogni mercoledì si concedeva Tropical rain. Lo rilassava e allo stesso tempo gli infondeva una sensazione energizzante. Gli altri giorni aveva impostato il sistema su Blizard. L’acqua fredda lo tonificava e rallentava il processo di invecchiamento. O almeno così diceva la sintetica descrizione sul menù di programmazione. Matt non sapeva se il freddo aata. Ma oggi, a metà della settimana, si concedeva un piccolo piacere. Una ricompensa per essere arrivato al giro di boa e motivarsi a proseguire fino al week-end.
“Hai la pelle troppo secca, Matt! Dovresti provare Dermoteck 3.5. Martha l’ha provata e ne è soddisfatta”. La giovane donna in tuta arancione aderente era in piedi davanti al vetro trasparente della cabina doccia. Il tono della voce era suadente e, apparentemente, senza imbarazzo. “Mia moglie ne cambia uno al giorno!” – rispose Matt da dentro la doccia – “Se scoppierà di nuovo la guerra, patiremo la fame … ma di sicuro saremo pulitissimi e con la pelle liscia…”. Uscì dalla doccia, completamente nudo, gli occhi socchiusi e arrossati dal getto d’acqua, cercando a tentoni l’asciugamano. Trovatolo, si mise davanti allo specchio, strofinandosi la testa per asciugarsi. “Bah, forse dovrei cominciare ad usare una delle diavolerie con cui si impiastra mia moglie” – disse, dopo aver notato qualche ruga intorno agli occhi – “Che ne pensi Erika?” – chiese lanciando un’occhiata alla figura accanto a sé. “Vuoi che ordini qualcosa in particolare? In base alle tue abitudini di acquisto, posso suggerirti …”. “Lascia perdere” – la interruppe l’uomo – “Piuttosto, la colazione è pronta?”. Senza attendere risposte, uscì con l’asciugamano legato intorno alla vita e si diresse lungo il corridoio di casa, verso la cucina. Intanto Erika gli veniva dietro dicendo “Fra trent’uno secondi il caffè sarà pronto. Le brioche sono già state sfornate e si stanno raffreddando”.
Matt entrò in cucina e avvertì subito l’odore delle brioche misto all’aroma del caffè. Inebriante. Questo sì che è il modo giusto per iniziare la giornata… “Alle 9.00 hai la prima videoconferenza. Poi alle 10.30 hai appuntamento con il notaio” – cantilenò Erika alle sue spalle – “Mi hai chiesto di ricordarti che entro la mattinata devi ordinare un nuovo olocom. Nel pomeriggio invece ….”. “Basta così, Erika!” – sbottò Matt – “Sparisci e vai a svegliare i ragazzi!”. L’immagine della giovane donna si dissolse nel nulla. Dannati assistenti domestici, pensava l’uomo fra sé e sé, se non ti ricordi di tenerli a bada prendono il sopravvento! Ormai l’atmosfera magica era stata infranta. Finì di bere il caffè e, con ancora un pezzo di brioche in bocca, andò nella cabina armadio per vestirsi.
Lo specchio a realtà aumentata proiettava sull’immagine riflessa di Matt un completo blu. L’uomo, storcendo il naso, fece un gesto deciso con la mano destra e, di colpo, l’abito scomparve per essere sostituito da uno spezzato marrone e beige. “Ok Simon” – disse con un sorrisetto soddisfatto – “scelgo questo per oggi”. Dal soffitto, un agile braccio robotico iniziò a muoversi operoso all’interno della cabina armadio, andando a frugare negli scomparti, le cui ante si erano nel frattempo aperte. Nel giro di pochi secondi, i vestiti scelti erano appesi difronte a Matt, che iniziò a vestirsi. “La camicia blue è macchiata di sugo. Suggerisco di procedere ad un lavaggio a secco” – disse una voce maschile riecheggiante nella stanza. Matt, che si stava infilando i pantaloni, alzò la testa con disappunto. “No! Di nuovo. La mia preferita. La volevo mettere oggi!”. Il braccio robotico porse all’uomo un’altra camicia, anch’essa blu. “Signore, se posso, suggerisco questa” – riprese la voce maschile – “La tinta ha delle coordinate di cromaticità che si discostano di pochi punti percentuali dalla…”. “Ok Simon!” – lo interruppe Matt – “Taglia corto e dammi la camicia. Sono in ritardo e già Erika mi ha rovinato la giornata”. E riprese a vestirsi.
“Non registro alcun malfunzionamento nelle mie routine” – disse all’improvviso Erika alle spalle di Matt, facendolo sobbalzare – “Vuoi contattare l’assistenza?”. “Ma porc… dannata assistente impicciona!!!” – le urlò contro l’uomo – “Piuttosto, hai svegliato i ragazzi?”. “Certamente Matt. Come da routine n. 3.” – gli rispose l’ologramma femminile – “Ero venuta giusto ad avvisarti, che tutti sono già in piedi e stanno facendo colazione. Mi correggo: non tutti fanno colazione. Martha è in sala fitness per la sua ololezione di crossfit estremo!”. Matt scosse la testa. Cosa ci trovava sua moglie a torturarsi di prima mattina, zampettando e rischiando di lussarsi qualcosa a suon di musica. “Ok Erika!” – disse all’ologramma – “Ricorda a Tim di collegarsi per la didattica AR (inibisci l’avvio degli ologame fino alle 18) e assicurati che Wanda finisca il compito di geografia spaziale (dalle una mano nella ricerca su Eurekapedia)”. Passò davanti alla sala fitness per salutare la moglie, che non si accorse del marito. Indossava gli auricolari e saltellava guardando, completamente assorta, l’ologramma di un tipo in tuta fuxia che batteva le mani. Si affacciò in cucina, dove trovò entrambi i figli che mangiavano in silenzio, persi nei loro visori di realtà aumentata. Non provò nemmeno a chiamarli e uscì di casa con un’aria che era un misto tra lo sconsolato e lo spazientito.
Il tragitto verso l’ufficio non era lungo, avrebbe potuto utilizzare un vettore pneumatico, ma detestava l’idea entrare in una di quelle capsule ed essere lanciato a tutta velocità su per un tubo. Era comodo ed economico, gli dicevano tutti. “Non viaggerò mai in una di quelle supposte giganti” – rifletteva ogni volta che passava davanti ad una delle stazioni di smistamento – “Quant’è vero che mi chiamo Mattew Easter!”. A Matt piaceva viaggiare alla vecchia maniera. E poi, l’anno scorso aveva acquistato un nuovo veicolo a lievitazione. Era stato un vero affare! Era di seconda mano ma tenuto bene. Pieno di accessori. Appena ci saliva sopra, affondando nel morbido schienale in ecopelle (quanto adorava il vintage!), si sentiva uno di quegli antichi imperatori delle storie che amava leggere quando aveva un attimo di tempo. “Ehi Alfred!” – disse con tono quasi solenne – “Portami in ufficio”. L’auto si sollevò, girando su se stessa, e partì lasciando sotto di sé una piccola nuvola di polvere e detriti.
Una volta impostato l’itinerario, Matt poteva dedicarsi alla prima attività della giornata. Gestire le notifiche. Provenivano dalle diverse piattaforme di comunicazione che aveva sottoscritto. Sei social network e quattro provider di messaggistica istantanea. Promemoria e invitation, generati dai sistemi di comunicazione a distanza. Pop-up, post, audio, video, memo… “Dannate notifiche!” – borbottava Matt, mentre iniziava ad aprire i messaggi – “Facciamo pulizia”. Ogni santa mattina procedeva metodicamente ad aprire, leggere, smistare, archiviare e rispondere a quella nuvola di comunicazioni che lo circondava. Prima i compleanni (per non fare brutte figure). Poi le congratulazioni per i successi lavorativi postate da amici e colleghi, insieme alle notizie del giorno. Se trovava qualcosa di interessante, lo inoltrava nelle chat cui partecipava (centosessantaquattro), così smaltiva anche quei messaggi là. Dopo arrivavano i messaggi dalle piattaforme educative dei figli: compiti corretti, assenze da giustificare, voti … Infine i messaggi della moglie. Martha aveva preso l’abitudine di registrarli la sera tardi, mentre Matt ormai dormiva da un pezzo. Contenevano tutto quello che aveva da dirgli. “Così sono sicura che mi ascolti!” – gli diceva all’inizio di ogni video-nota. Ogni mattina riceveva un videomessaggio, della durata media di circa venti minuti, pieno di racconti, richieste, problemi, arrabbiature, critiche, baci e saluti. Un fiume di parole, in cui Matt spesso naufragava, perdendo il filo del discorso. Ormai, aveva preso l’abitudine di rispondere un “Ok cara, hai ragione. Va bene! A quella cosa ci penso io. Ti amo anche io!”. Per fortuna Erika estrapolava automaticamente dai messaggi i promemoria necessari e li memorizzava in agenda, classificati come “rotture”, “attento”, “anniversari e compleanni” ed altre venti categorie, in base ai criteri impostati da Matt.
Archiviati i messaggi di Martha, poteva infine godersi la lettura dei suoi meta-book. Tranne quando trovava i messaggi di Tim e Wanda. Quelli Erika li classificava in automatico come “rotture” e “soldi”. In genere i figli lo contattavano per chiedergli di ricaricare i loro wallet o perché c’era qualche problema. Non problemi a scuola. Maestri e professori notificavano direttamente a lui qualunque informazione sul loro rendimento scolastico e sull’andamento della didattica. Quindi sia Matt che Wanda avevamo smesso da tempo di riferirgli delle loro rispettive scuole. Se contattavano il padre era perché avevano combinato qualche guaio, litigato tra loro o, come al solito, discusso con la madre. In genere queste cose Matt le gestiva durante la pausa pranzo. Soldi: invio di crediti sul wallet e messaggio di raccomandazione sul valore del denaro e del risparmio. Litigio: videomessaggio di fuoco ai ragazzi, sull’importanza dell’andare d’accordo e del rispetto e amore in famiglia; messaggio audio alla moglie, rassicurandola che aveva sistemato tutto e… sì, aveva ragione lei e le aveva cantate “quei due”. Non c’era fretta per questo genere di cose. I figli sarebbero stati in olo-lezione fino alle 17, poi avrebbero passato il tempo con ologames (Tim) e videochat e social (Wanda); Martha, dopo una mattinata impiegata sui social e sulle piattaforme e-commerce, avrebbe passato il pomeriggio in sala fitness o nella wellness-room. I messaggi sarebbero stati visti e ascoltati all’ora di cena, poco prima del rientro a casa di Matt. Quanto alle eventuali risposte, le avrebbe trovate postate nella sua message-box, pronte per essere gestite mentre cenava da solo. Perché Matt tornava tardi dal lavoro e solo raramente faceva appena in tempo a vedere moglie e figli rintanarsi nelle loro rispettive stanze. Chi a vedere un olo-movie, chi a chattare con le amiche e chi a trascorre la nottata sugli ologames.
E così fu anche quel giorno. Ad accoglierlo la voce gentile e suadente di Erika. “Ben tornato Matt. Hai trascorso una buona giornata?” – gli diceva attivandosi non appena il nostro ebbe messo piede sullo zerbino elettronico. Era programmata per riconoscere il proprietario in base ai dati biometrici raccolti dalla piattaforma posta all’ingresso. Faceva piacere sentire una voce amica che ti salutava. Certo ogni tanto avrebbe potuto risparmiarsi osservazioni sul suo peso, rifletteva mentre attraversava il corridoio verso la cabina armadio. Ma, in fin dei conti, anche quello lo faceva sentire a casa. In famiglia. Già. La famiglia. All’improvviso, mentre si stava spogliando, Matt ebbe come una folgorazione. Da quando non sentiva le voci di sua moglie e dei suoi figli? Non le registrazioni che riceveva quotidianamente. No! Quando era stata l’ultima volta in cui era stato insieme a loro? E quando avevano fatto un discorso insieme? Non riusciva a ricordarselo.
Si sedette su una sedia della cabina armadio e cominciò a riflettere. In penombra. In mutande e maglietta. Da quant’è che andava avanti così? Giorni, mesi, anni? Si erano forse anni che la vita di Matt proseguiva con questa perfetta routine. Programmata e scandita dalle intelligenze artificiali degli assistenti informatici. Piena di notifiche e messaggi. Ordinata, perfetta e tranquilla. Sì tranquilla ma … solitaria. Triste, concluse Matt. L’unico contatto con la sua famiglia erano quei messaggi che si scambiavano. L’unica prova dell’esistenza di Matt in famiglia erano le risposte alla marea di notifiche che riceveva e le istruzioni che impartiva a Erika per programmare e gestire la giornata ai suoi cari. Sveglia, colazione, acquisti, prenotazioni, compleanni, … Ora che ci rifletteva, si ordinava da solo persino i regali per il suo compleanno! Provvedeva a tutto in modo perfetto e regolare. E tutto passava per Erika e la sua programmazione impeccabile.
“Io non esisto!” – mormorò guardandosi allo specchio e vedendo riflessa la triste figura di un uomo seduto, ingobbito su una sedia al buio. “Erika fa tutto per loro. Io potrei anche sparire e non se ne accorgerebbero… “. Si alzò e andò direttamente nel suo studio. Si lascò cadere sulla sedia. “Erika oggi salto la cena” – disse quasi mormorando. “Matt una dieta sana ed equilibrata richiede di consumare almeno tre pas….”. “Salto la cena!” – urlò – “Riponi tutto negli scomparti refrigerati” – proseguì con tono più calmo – “Avvia sessione di programmazione sul mio olodesk. Codice amministratore Alpha-sei-zero-cinque-Kappa-tre”. “Sessione programmazione attivata” – disse Erika – “Seleziono una routine standard dal menu iniziale o ne creo una nuova?”. Matt rimase un attimo in silenzio ad osservare lo schermo virtuale apparso difronte a sé. “Erika! Crea nuova routine-ombrello” – proruppe deciso – “Nome routine Fade to black. Avvia creazione di sub-routine. Sub routine 1 …”.
Trascorse l’intera notte nello studio a programmare. Le ore volarono, mentre impartiva una miriade di comandi vocali. “Matt, è ora di alzarsi!” – lo svegliò la voce squillante di Erika. Aprì gli occhi lentamente. Un forte dolore alla schiena gli ricordò che si trovava nel suo studio e non in camera da letto. “Cavolo! Ho dormito qui …” – disse più a se stesso che ad Erika – “Che ore sono?”. “Sono le 6.20” – gli rispose l’intelligenza artificiale – “La doccia è pronta e impostata su blizard. Le brioches sono in forno e ….”. “No!” – la interruppe Matt – “Imposta la doccia su Exotic pleasure. Prima però voglio fare una sauna tonificante.” – poi fece un sorriso (da quanto non sorrideva!) e disse – “Spegni il forno. Oggi mangio fuori”.
E fu così che Mattew Easter, dopo una lunga sessione di sauna e doccia rilassante, uscì di casa canticchiando. Niente completo o spezzato. Era vestito sportivo. Ma nessuno se ne accorse. La moglie faceva fitness e i figli sprofondavano nel mare della realtà aumentata. Solo Erika stava lì sulla soglia a salutarlo. “Ciao Matt. Torna presto!”. Matt uscì e, senza voltarsi disse “Erika avvia routine Fade to black. Addio Erika”. La porta si chiuse dietro di lui. Prese il primo vettore pneumatico senza chiedersi la destinazione e non tornò più a casa.
Un anno dopo, un aggiornamento di sistema interferì con le routine programmate di Erika. Molte famiglie protestarono e fecero causa alla compagnia produttrice. Le loro vite erano saltate via con un semplice soffio informatico. La signora Wanda Easter, invece, denunciò la scomparsa del marito. Quando la polizia le chiese quando fosse stata l’ultima volta che lo avesse visto, la signora in lacrime non seppe rispondere. “Mio Dio! Da quando non vedo Matt?!?”.
Fine